CHIAPAS, LA TERRA CHE NON CONOSCI
Articolo scritto e pubblicato per www.lsdmagazine.com
La cittadina di Tapachula, in Chiapas al confine tra Messico e Guatemala, è addobbata a festa.
Si celebra la festa dell’indipendenza; il governatore dello stato più a sud del Messico inneggia ad i grandissimi passi fatti dal popolo più povero del Messico.
La banda prepara gli strumenti, il sindaco si asciuga gli occhiali appannati dal caldo umido ed asfissiante di queste zone, quello che fa bollire la temperatura di giorno e la trasforma in pioggia tropicale la sera.
I venditori indigeni camminano con vestiti colorati, collane e manufatti in legno.
Le famiglie più benestanti sono uscite tutte questa sera, hanno messo gli abiti migliori, hanno vestito i loro figli, uno di questi bambini in particolare, seduto ad un tavolino, attira la mia attenzione.
Mangia in un ristorante del centro, la sua famiglia ha ordinato del buonissimo Pollo en Mole, specialità di queste parti, e dei grossi bicchieri di succo di frutta di mango e papaia.
Il bambino ha circa 5 anni, è molto ben vestito, camicia, pantaloni, scarpe quasi nuove ed usate pochissimo.
Indica un giocattolo di un venditore ambulante che suo padre compra immediatamente e mentre lo tiene stretto tra le mani continua a bere dalla cannuccia del suo enorme bicchiere.
A pochissima distanza un bambino della stessa età è appoggiato ad un palo, è vestito di pochi stracci, il viso sporco di lucido da scarpe; è uno dei tantissimi lustra scarpe che si aggirano per le strade di tutto il centro sud america, un lavoro che frutta qualche spicciolo, tanta fatica e che tutti praticano con una dedizione esemplare.
Il piccolo lustrascarpe tiene stretto a lui il poggiapiedi in legno e guarda il suo coetaneo al tavolo con gli occhi spalancati.
Forse si chiede qual è la differenza tra lui e l’altro, forse si chiede il perché a lui tocca tenere, a 5 anni, un attrezzo di lavoro ed aver fame e sete mentre l’altro bambino stringe un giocattolo pensando solo a finire il suo succo di frutta.
I bambini non conoscono la politica, non sanno in quale modo sia diviso il mondo vedono solo quello che hanno stretto a loro e quello che stringono gli altri.
Il piccolo lustra scarpe non piange, spalanca solo gli occhi.
Fosse un po’ più grande forse si arrabbierebbe, proverebbe invidia, ingiustizia, ora invece si sta solo chiedendo il perché, domande che forse troveranno delle risposte tra 10 anni, ma di certo non una soluzione.
Un tocco affettuoso sul capo strappa il bambino a quel sogno ad occhi aperti a quel ponte tra due mondi.
E’ suo padre che, altrettanto sporco e con una grossa valigia di prodotti per aggiustare e pulire le scarpe, gli gira la testa con una carezza, lo riporta a quello che è il loro lavoro, cercare scarpe da pulire, girare tra i commensali del ristorante, mettersi in ginocchio e lustrarle al meglio.
Il piccolo lustra scarpe però si gira ancora a guardare il bambino ben vestito ed il suo giocattolo, e lì, mano nella mano del padre, gli si accende un grande sorriso invece che un pianto.
Gli si accende forse la speranza che il suo lavoro lo porterà ad avere quei vestiti ed un grande bicchiere di succo di frutta tutto per se, perché da queste parti i capricci non esistono, tutto si condivide con gli altri ed esiste solo quello che si tiene stretto tra le mani e quello che si vede tener stretto agli altri.
Il Chiapas è la regione più povera del Messico, gli Indigeni del luogo continuano le loro battaglie contro le multinazionali che vogliono disboscare le foreste per il legname o costruire piattaforme petrolifere nell’ oceano.
Tapachula è una delle tante città attraversate dal flusso corrente di Camion ed Autobus, per chi dal Guatemala sale a nord, per chi dal Messico scende a sud.
Da qui passano turisti con grossi zaini, trafficanti di droga, famiglie in cerca di fortuna, camionisti con il terrore di esser rapinati del loro carico.
Siamo lontanissimi dalle spiagge di Playa del Carmen e dai villaggi turistici di Cancun, quello che molti turisti italiani conoscono come il Messico, qui non ha nemmeno una fotografia a rappresentarlo.
Posti come Tapachula e tante altre cittadine messicane sono nomi troppo difficili e raggiungibili con strade troppo tortuose perché qualcuno vi si fermi per più di una notte.
Eppure racchiudono in se la verità di un viaggio, quello che ci fa scoprire in che modo questa gente vive con dignità, qualsiasi lavoro essa faccia.
Terra che ci accoglie indipendentemente dal nostro stato sociale o paese di appartenenza, che pulisce via i nostri errori ed i nostri pregiudizi come un colpo di spugna sulle scarpe, pulite da un padre affettuoso che in silenzio, con la schiena china tutto il giorno, ci riporta nel mondo reale, che ci spinge a sorridere invece che piangere, che ci spinge all’ impegno invece che alle lamentele.
Terra che ci apre la porta di un mondo dove l’unico modo di guadagnarsi i bei vestiti che portiamo, e le bibite giganti che beviamo è quello di sudarlo, fino all’ ultimo passo.
Il Chiapas al suo interno ha tutto quello che un viaggiatore possa desiderare, jungla, antiche rovine, montagne, cascate con splendide lagune dove fare il bagno, gente pronta ad ospitarci e cibo buonissimo, tutto con prezzi che nel nostro continente non sarebbero nemmeno sognabili, tutto alla nostra portata, basterebbe vincere l’assurda paura che abbiamo di uscire da ciò che ci è attorno, per scoprire che niente è più familiare di ciò che non conoscevamo ancora.
Angelo Calianno
Si celebra la festa dell’indipendenza; il governatore dello stato più a sud del Messico inneggia ad i grandissimi passi fatti dal popolo più povero del Messico.
La banda prepara gli strumenti, il sindaco si asciuga gli occhiali appannati dal caldo umido ed asfissiante di queste zone, quello che fa bollire la temperatura di giorno e la trasforma in pioggia tropicale la sera.
I venditori indigeni camminano con vestiti colorati, collane e manufatti in legno.
Le famiglie più benestanti sono uscite tutte questa sera, hanno messo gli abiti migliori, hanno vestito i loro figli, uno di questi bambini in particolare, seduto ad un tavolino, attira la mia attenzione.
Mangia in un ristorante del centro, la sua famiglia ha ordinato del buonissimo Pollo en Mole, specialità di queste parti, e dei grossi bicchieri di succo di frutta di mango e papaia.
Il bambino ha circa 5 anni, è molto ben vestito, camicia, pantaloni, scarpe quasi nuove ed usate pochissimo.
Indica un giocattolo di un venditore ambulante che suo padre compra immediatamente e mentre lo tiene stretto tra le mani continua a bere dalla cannuccia del suo enorme bicchiere.
A pochissima distanza un bambino della stessa età è appoggiato ad un palo, è vestito di pochi stracci, il viso sporco di lucido da scarpe; è uno dei tantissimi lustra scarpe che si aggirano per le strade di tutto il centro sud america, un lavoro che frutta qualche spicciolo, tanta fatica e che tutti praticano con una dedizione esemplare.
Il piccolo lustrascarpe tiene stretto a lui il poggiapiedi in legno e guarda il suo coetaneo al tavolo con gli occhi spalancati.
Forse si chiede qual è la differenza tra lui e l’altro, forse si chiede il perché a lui tocca tenere, a 5 anni, un attrezzo di lavoro ed aver fame e sete mentre l’altro bambino stringe un giocattolo pensando solo a finire il suo succo di frutta.
I bambini non conoscono la politica, non sanno in quale modo sia diviso il mondo vedono solo quello che hanno stretto a loro e quello che stringono gli altri.
Il piccolo lustra scarpe non piange, spalanca solo gli occhi.
Fosse un po’ più grande forse si arrabbierebbe, proverebbe invidia, ingiustizia, ora invece si sta solo chiedendo il perché, domande che forse troveranno delle risposte tra 10 anni, ma di certo non una soluzione.
Un tocco affettuoso sul capo strappa il bambino a quel sogno ad occhi aperti a quel ponte tra due mondi.
E’ suo padre che, altrettanto sporco e con una grossa valigia di prodotti per aggiustare e pulire le scarpe, gli gira la testa con una carezza, lo riporta a quello che è il loro lavoro, cercare scarpe da pulire, girare tra i commensali del ristorante, mettersi in ginocchio e lustrarle al meglio.
Il piccolo lustra scarpe però si gira ancora a guardare il bambino ben vestito ed il suo giocattolo, e lì, mano nella mano del padre, gli si accende un grande sorriso invece che un pianto.
Gli si accende forse la speranza che il suo lavoro lo porterà ad avere quei vestiti ed un grande bicchiere di succo di frutta tutto per se, perché da queste parti i capricci non esistono, tutto si condivide con gli altri ed esiste solo quello che si tiene stretto tra le mani e quello che si vede tener stretto agli altri.
Il Chiapas è la regione più povera del Messico, gli Indigeni del luogo continuano le loro battaglie contro le multinazionali che vogliono disboscare le foreste per il legname o costruire piattaforme petrolifere nell’ oceano.
Tapachula è una delle tante città attraversate dal flusso corrente di Camion ed Autobus, per chi dal Guatemala sale a nord, per chi dal Messico scende a sud.
Da qui passano turisti con grossi zaini, trafficanti di droga, famiglie in cerca di fortuna, camionisti con il terrore di esser rapinati del loro carico.
Siamo lontanissimi dalle spiagge di Playa del Carmen e dai villaggi turistici di Cancun, quello che molti turisti italiani conoscono come il Messico, qui non ha nemmeno una fotografia a rappresentarlo.
Posti come Tapachula e tante altre cittadine messicane sono nomi troppo difficili e raggiungibili con strade troppo tortuose perché qualcuno vi si fermi per più di una notte.
Eppure racchiudono in se la verità di un viaggio, quello che ci fa scoprire in che modo questa gente vive con dignità, qualsiasi lavoro essa faccia.
Terra che ci accoglie indipendentemente dal nostro stato sociale o paese di appartenenza, che pulisce via i nostri errori ed i nostri pregiudizi come un colpo di spugna sulle scarpe, pulite da un padre affettuoso che in silenzio, con la schiena china tutto il giorno, ci riporta nel mondo reale, che ci spinge a sorridere invece che piangere, che ci spinge all’ impegno invece che alle lamentele.
Terra che ci apre la porta di un mondo dove l’unico modo di guadagnarsi i bei vestiti che portiamo, e le bibite giganti che beviamo è quello di sudarlo, fino all’ ultimo passo.
Il Chiapas al suo interno ha tutto quello che un viaggiatore possa desiderare, jungla, antiche rovine, montagne, cascate con splendide lagune dove fare il bagno, gente pronta ad ospitarci e cibo buonissimo, tutto con prezzi che nel nostro continente non sarebbero nemmeno sognabili, tutto alla nostra portata, basterebbe vincere l’assurda paura che abbiamo di uscire da ciò che ci è attorno, per scoprire che niente è più familiare di ciò che non conoscevamo ancora.
Angelo Calianno